La street art e le implicazioni giuridiche
La street art come fenomeno sociale pone l'esigenza di fare un po’ di chiarezza dal punto di vista legale cercando di rispondere a domande del tipo: il proprietario di un muro su cui c’è un’opera può farci quel che vuole? Un’opera illegale è tutelata dal diritto d’autore? Un artista può opporsi all’esposizione di una sua opera? Vi sono conseguenze di carattere penale per gli street artist ?
Dal punto di vista strettamente giuridico la questione è complessa, perché si presta a un esame interdisciplinare; Ciononostante, senza alcuna pretesa di esaustività, si svolgeranno brevi osservazioni su alcuni aspetti della vicenda e sui diritti morali e patrimoniali d’autore degli artisti.
I problemi possono sorgere nella misura in cui, ottenuto il consenso dei proprietari dei muri, gli autori non hanno autorizzato lo “strappo” dell’opera. È evidente, infatti, che se ci fosse anche il consenso degli artisti non ci sarebbe nulla di cui discutere sul piano giuridico, essendo gli autori liberi di sfruttare la propria opera, in ogni forma e modo.
OPERE ILLEGALI? IL DIRITTO D’AUTORE RESTA VALIDO!
Come noto, la legge sul diritto d’autore (Legge n. 633/41) tutela, per il fatto della creazione, le opere dell’ingegno di carattere creativo. Tra i requisiti di protezione dell’opera non è menzionata la liceità, con la conseguenza che sono tutelabili anche le opere contrarie alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume. Sotto tale profilo, il fatto che le opere di Street Art nascano spesso come opere illegali – in assenza di commissione pubblica o privata – non esclude di per sé la tutela di diritto d’autore di tali creazioni. La legge riconosce agli autori il diritto patrimoniale di sfruttamento economico dell’opera e i diritti morali. L’autore, pertanto, è l’unico soggetto legittimato a sfruttare economicamente l’opera e ogni utilizzazione da parte di terzi deve essere previamente autorizzata. Tra i diritti morali vi è il diritto all’integrità dell’opera, che consente all’autore di opporsi “a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione” (art. 20 Legge n. 633/41).
A tutela del diritto morale all’integrità, si ritiene che l’autore possa opporsi anche agli atti che, senza incidere sull’integrità materiale dell’opera, ne alterino le modalità di presentazione al pubblico immaginate e volute dall’autore. Sotto tale profilo, la decontestualizzazione non autorizzata e l’esposizione di un’opera di Street Art in una mostra “istituzionale” può essere percepita dall’autore come lesiva del diritto personale all’integrità dell’opera. È intuitivo che lo street artist, che opera “in strada” con modalità di contestazione del sistema, possa non gradire la musealizzazione dell’opera e il suo inserimento nel circuito del mercato dell’arte.
PROPRIETARI, MA CON DEI LIMITI PRECISI
Con specifico riferimento alle opere delle arti figurative in esemplare unico, la legge prevede che la cessione di un esemplare dell’opera non importa, salvo patto contrario, la trasmissione dei diritti di utilizzazione economica dell’opera stessa (art. 109 Legge n. 633/41). Di conseguenza si ritiene pacificamente che il proprietario di un quadro non acquisisca, salvo diverso accordo tra le parti, i diritti di sfruttamento economico dell’opera.
In applicazione di tale principio, si ritiene che anche la pubblicazione di un catalogo contenente la riproduzione fotografica di opere d’arte inserite in una mostra debba essere autorizzata dall’autore, il quale resta titolare del diritto esclusivo di riproduzione (art. 13 Legge n. 633/41). Tornando alle opere della Street Art, se anche il proprietario del muro diventa proprietario dell’opera figurativa in esso contenuta, è da escludere che siano trasferiti i diritti di sfruttamento economico e i diritti morali, che sono inalienabili. Di conseguenza, è necessario il consenso dell’autore per esporre previo strappo, riprodurre e utilizzare l’opera quale bene immateriale. Su questi specifici temi della Street Art non c’è una consolidata giurisprudenza nazionale che possa fare da guida, poiché in passato il fenomeno è stato valutato soprattutto sul piano penale ai fini dell’accertamento della sussistenza del reato di deturpamento e imbrattamento. Si tratta, pertanto, del tipico caso che si presta a essere variamente letto ed interpretato, per il quale sono ipotizzabili diverse soluzioni rispetto alle quali, in mancanza di un accordo delle parti, l’ultima parola spetta al giudice.
E’ pur vero che in una società civile, si devono contemperare due opposte esigenze: il diritto di esprimersi liberamente, senza che vengano ostacolate le proprie manifestazioni artistiche, e il diritto di scegliere se accettare o meno la presenza dell’altrui arte, magari a scapito della proprietà privata o del bene pubblico.
Concetto da tener presente è che, la libertà di ciascuno finisce laddove inizia la libertà altrui. Solo in questo modo si delimitano reciproci spazi di libertà, equipollenti gli uni agli altri.
Quando il buonsenso non consente a ciascuno di capire fin dove ci si può spingere senza violare il precetto del “non danneggiare gli altrui diritti” interviene la legge ponendo dei paletti all’arbitrio umano.
Una soluzione potrebbe rinvenirsi proprio nel codice penale, con riferimento al concetto di consenso dell’avente diritto di cui all’art. 50 codice penale.
Questa causa di esclusione della responsabilità prevede che chi è titolare di un diritto, del quale può disporre, ha la possibilità di rinunciare alla tutela dello stesso. Per cui se al proprietario di un edificio piace l’idea di un murales sulla facciata di casa potrebbe autorizzare un writer a dare sfogo alla sua creatività su di essa.
Tuttavia, vivendo in una società civile, anche il proprietario esclusivo di un bene deve attenersi ad alcune regole. In particolare, dovrà rispettare i vincoli imposti da un eventuale “piano del colore” o da un “regolamento condominiale”.
Risulta davvero interessante una pronuncia della Corte di Cassazione che ha assolto l’autore di un graffito sulla facciata di un palazzo, peraltro già imbrattata da ignoti. Secondo i giudici della Suprema Corte l’artista aveva agito con l’intento di abbellire la facciata e effettuare un intervento riparatore, realizzando un’opera di oggettivo valore artistico.